nanocosi

17-08-2007

Mentre gli Stati Uniti si domandano se sia lecito o meno, e mentre in Italia domina unicamente il veto della Chiesa Cattolica su quasi qualsiasi tipo di innovazione, a Singapore stanno investendo in nanotecnologie quasi PIU’ degli Stati Uniti.

26 febbraio

17-08-2007

Era il 26 febbraio, e qualcuno scriveva in un suo blog personale queste righe:


Oggi vorrei raccontarvi della mia esperienza come docente universitario di informatica, e di come questa esperienza sia finita nella solita maniera “italica”. Spero, con questo, di dare un ulteriore spunto di riflessione ai giovani per la loro carriera professionale o accademica.

Dopo alcuni mesi in California (UC Irvine) per una borsa di studio, ad inizi 2004 sono tornato in Italia perchè avevo vinto un posto come professore a contratto presso l’Università degli Studi di Perugia, al Corso di Informatica. Pensavo che potesse essere l’inizio di una carriera accademica, e quindi ho preso molto seriamente questo impegno.

La paga era piuttosto bassa (ben più bassa dei soliti 4-5 mila euro che un professore a contratto riceve per un corso universitario), non avevo assistenti, dovevo lottare ogni volta per avere qualcuno con me durante le sessioni di esami (che preparavo e correggevo sempre io).

Mancando gli strumenti ufficiali, mi ero attrezzato con un sito web ufficiale del corso, una mailing list, dispense sempre aggiornate e scaricabili in sxw e pdf (che rendevano superfluo l’aquisto di qualsiasi libro), email a cui chiedere chiarificazioni e consigli, un sillabus chiaro per spiegare ogni dettaglio di come studiare, come prepararsi agli esami. A detta degli studenti, il mio era uno dei pochi corsi di informatica (notare bene: informatica) che metteva a disposizione quegli strumenti.
Fortunatamente, nonostante le fatiche, i circa cento studenti del corso mi davano parecchie soddisfazioni, e dimostravano una grande partecipazione.

Per due anni accademici consecutivi ho tenuto questo corso, ottenendo delle ottime valutazioni da parte degli studenti (i famosi questionari che vengono passati agli studenti a fine corso), risultando addirittura il miglior docente nel secondo anno di corso. E’ stata una enorme soddisfazione, per me.
Ammetto candidamente che il mio curriculum accademico, per la materia che insegnavo, era praticamente nullo: tuttavia, con grande impegno e dedizione, sono riuscito a trasmettere tutto ciò che serviva ai miei studenti, tanto che, negli anni a seguire, molti di loro hanno continuato ad usare le mie dispense anche per argomenti di altri corsi, e molti di loro, fin dagli inizi, si sono dimostrati interessati a preparare una tesi di laurea con me.

In qualità di professore a contratto ho anche seguito come correlatore ben 11 tesi, ho partecipato a tutti i consigli di corso tranne uno, ho dato tutte le mie energie per dimostrare ciò che valevo.
Nonostante questo, per vari “magheggi” che non sto qui a spiegare, il mio corso è stato infine affidato ad un altro docente, e tutto il lavoro da me svolto non è stato minimamente riconosciuto, tranne che da pochi stimati che hanno apprezzato, ma non hanno potuto fare molto.
L’unica cosa che ufficialmente risulta, è un vago apprezzamento messo a verbale nel consiglio di corso in cui veniva approvato il nuovo docente. Tutto qui.

Ora la mia situazione professionale è comunque stabile e felice, ma mi dispiace molto non essere riuscito a farmi strada a livello accademico, soprattutto pensando che molti docenti non dedicano le stesse energie e la stessa passione per insegnare ai loro studenti.
Il mondo accademico è tuttora in mano a gruppi di anziani professori che fanno i loro comodi e scelgono non in base ai meriti, ma alle loro personali preferenze, a volte politiche, a volte di altra natura.

A tutti quelli che, una volta laureati, sentono il richiamo della vita accademica, consiglio di valutare bene la strada che si intraprende: se cercate la meritocrazia, se cercate le cose facili, se pensate che basti l’impegno e la passione… ricredetevi.
Cercatevi, piuttosto, il famoso santo in paradiso, soprattutto se avete dei meriti e delle capacità: sarà pure un approccio poco morale e troppo pragmatico, ma è l’unico approccio che funziona, in Italia.

Colgo l’occasione per ringraziare tutti gli studenti, e i pochi docenti, che mi hanno sempre sostenuto, e che hanno apprezzato il mio lavoro in questi due anni accademici.

Quel qualcuno ero io. Mi rattrista vedere che le cose non cambiano, in Italia.
Non vorrei vedere commenti “solidali”, perchè ho già ricevuto solidarietà e simpatia.

Piuttosto: AVETE LA VOSTRA STORIA DA RACCONTARE? Fatelo! Anche qui nei commenti.

La fine di Ubuntu?

17-08-2007

No, non nel senso drammatico… Ora vi spiego: Jonathan Schwartz, il CEO di Sun Microsystems (e, secondo me, uno dei migliori CEO al mondo), ha annunciato una importante partnership con IBM, la quale potrà offrire Solaris installato nelle proprie macchine.
Per chi non conosce un po’ la situazione non è facile rendersi conto della portata di questa mossa.

Secondo me è l’inizio della fine di Ubuntu COME LO CONOSCIAMO NOI: credo che presto, nel giro di 2-3 anni, Solaris e Ubuntu arriveranno ad un punto comune, e a quel punto… si fonderanno?
Io spero di SI. Il peso commerciale di Solaris è fondamentale per Ubuntu, e la comunità di Ubuntu è fondamentale per Solaris. E non scordiamoci Debian.